Non è l’Arena, se la violenza sulle donne diventa puro intrattenimento

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Non è l’Arena è il programma che, forse più di altri, si occupa del caso Genovese sin dal suo inizio. Per chi non lo ricordasse, Alberto Genovese è in carcere con l’accusa di violenza sessuale ai danni di una ragazza ospite di una delle sue feste nella tristemente celeberrima Terrazza Sentimento.

Nella puntata di domenica 14 febbraio, Massimo Giletti ospita in studio due ragazze che sostengono di essere state stuprate da Genovese, Asia Argento e il direttore di Libero Pietro Senaldi. In pochi minuti, il tema, tanto delicato quanto meritevole di rispetto, vira su altro, ovvero su un botta e risposta tra Argento e Senaldi prima, su un tutti contro tutti poi.

Asia Argento pone l’accento su un problema annoso: la colpevolizzazione della vittima. La donna vittima di violenza è chiamata a difendersi perché la società la giudica colpevole a prescindere. ‘Se l’è cercata’ è la frase più ricorrente, la sentenza con cui la vittima viene condannata due volte.

Dalla violenza all’intrattenimento

Osservazione giusta. Il problema, però, sorge quando ci si sposta dalla violenza all’intrattenimento, che fa ingresso nel momento in cui gli ospiti iniziano a parlarsi addosso e a insultarsi. Una pratica ricorrente, al limite della sopportazione.

Mezze parole, frasi pronunciate a metà, insulti reciproci. Una cagnara che impedisce di capire in modo chiaro cosa gli ospiti in studio stiano dicendo e dove vadano a parare. Soprattutto, un caos interrotto da Massimo Giletti perché ‘devo dare la pubblicità’.

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Dalla realtà ai reality

Dopo il nero, si ritorna con animi più distesi, ma la quiete dura poco. Pochi minuti ancora e, come da copione, ricomincia la cagnara. Un modus operandi che caratterizza i talk show di intrattenimento (talvolta anche quelli politici, va detto) e che viene applicato a qualsiasi tematica.

Bisognerebbe tenere presente che ci sono dei limiti e che la violenza sulle donne è uno di questi. Il triste siparietto suscita una riflessione. La violenza sulle donne è una piaga, un dolore del corpo, ma anche dell’anima che la vittima porterà con sé per anni e anni. Una televisione che offre uno spettacolo che non aggiunge nulla al dibattito e inasprisce toni è una televisione sbagliata.

Utilizzare un argomento caldo e cavalcarlo nel modo errato non fa che allargare la piaga. Si può e si deve parlare di violenza, ma con i giusti modi, i giusti toni e i giusti interlocutori. Avvocati, direttori e vittime che si azzuffano, parlandosi l’uno sopra l’altro, al pari dei concorrenti di un reality show, non sono utili nessuno. Forse agli ascolti, ma è davvero questa la televisione che vogliamo? 

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