La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2020 si è da poco conclusa. Un’edizione difficile, particolare, importante: Venezia 77 è stato il primo festival a ripartire dopo l’inizio della pandemia, seppur con nuove misure e nuove accortezze. Red carpet senza pubblico, mascherine in platea, attori distanziati: uno scenario nuovo, surreale, che ha lasciato un segno indelebile su questa edizione.
Anna Foglietta, madrina della Mostra, ha presentato le serate di apertura e di chiusura e si è mostrata all’altezza del proprio compito. I suoi outfit, poi, eleganti e sobri, hanno contribuito a mettere in risalto la sua caratura professionale. Piefrancesco Favino ha portato a casa la Coppa Volpi per Padrenostro, scritto e diretto da Claudio Noce. Cate Blanchett, Tilda Swinton, Pedro Almodovar sono solo alcune delle star internazionali giunte in Laguna per omaggiare Venezia 77.
Personaggi in cerca d’autore
Tutto bene, direte voi. Invece no. Perché Venezia 77 non è stato soltanto il festival che, come ogni anno, ha inaugurato la nuova stagione cinematografica. Non è stato soltanto il festival che ha dato una spinta ai film che, tra qualche mese, verranno candidati agli Oscar. Venezia 77 è stato anche lo specchio del trash e dei tempi bui che attraversa l’Italia.
Da qualche anno a questa parte, insieme alla parte artistica, glamour, mondana, Venezia reca con sé una parte più ‘umana’, meno intellettuale, quasi cafona. Stiamo parlando del nuovo trend che, edizione dopo edizione, prende sempre più piede.
Personaggi in cerca d’autore e a caccia di visibilità, alla ricerca dello scandalo, della chiave giusta per far discutere e, soprattutto, far parlare di sé. Gente sconosciuta che punta tutto su quel red carpet, nella speranza di attirare i titoli dei giornali cartacei, ma soprattutto online, e diventare, così, l’argomento del giorno.
Venezia 77 tra mostri sacri e morti di fama
Se Sanremo è un Festival-frullatore, dove tutto accade troppo velocemente per far parlare di sé per più di un paio d’ore, Venezia è il luogo ideale per accalappiare l’attenzione dei media. Cinquanta secondi di tappeto rosso sono sufficienti per oscurare Premi Oscar, Golden Globes e mostri sacri della settima arte. Almeno in Italia.
Purtroppo – e sottolineiamo purtroppo! – talvolta un vestito pacchiano, un bacio saffico o una posa studiata ad hoc surclassano passerelle e interventi di coloro i quali popolano la Mostra di Venezia a pieno titolo, cioè gli artisti, gli addetti ai lavori. Coloro i quali vanno a Venezia per presentare il proprio lavoro e non per avere uno scatto da pubblicare su Instagram.
Disgraziatamente, la Mostra viene scambiata, sempre più, per una passerella-trampolino di lancio, al pari di un reality show o di una partecipazione a Uomini e Donne (con tutto il rispetto per Uomini e Donne!). La sacralità dell’evento si è andata perdendo e i morti di fama, che una volta venivano tenuti ai margini di determinate manifestazioni, condividono il red carpet con i giganti del cinema contemporaneo.
Se si dovesse giudicare la Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia 2020 dalle presenze improbabili, talvolta persino imbarazzanti, che hanno governato il tappeto, beh, si giungerebbe a conclusione che di arte ve n’è sempre meno. Non parliamo ovviamente dei film in gara e delle maestranze tutte del cinema, bensì del corollario di cui sopra.
Di tutto quel vippame, cioè, che vi ruota attorno e che, anno dopo anno, alza l’asticella verso l’orrido. Qua, Signore e Signori, siamo oltre i limiti della provocazione, oltre la rottura, oltre il senso del ridicolo. L’arte è tutt’altra cosa.
Venezia e il Met Gala
Probabilmente qualcuno ha scambiato Venezia 77 con il Met Gala, ma se così fosse avrebbe preso lucciole per lanterne, perché il Met è l’evento più importante dell’anno newyorchese, che segna l’apertura della mostra del Costume Institute. Gli outfit appariscenti, talvolta persino estremi, sono giustificati dall’evento e i protagonisti della serata sono gli Artisti con la a maiuscola. Non prezzemolini in cerca di notorietà.
In Italia, invece, tutto fa brodo. ‘Inventiamoci qualcosa di forte’, devono ripetersi gli ‘aspiranti qualcosa’ disposti a tutto pur di conquistare i riflettori. Purtroppo è un trend difficile da arrestare, sia perché i fotografi non possono decidere di ignorare ciò che accade sul red carpet, sia perché interessa molto di più un vestito orribile indossato da un soggetto X che l’arrivo di un addetto ai lavori.
Di questo passo, tra qualche anno a Venezia gli artisti saranno in netta minoranza e il red carpet sarà popolato dai nuovi personaggi il cui livello oscilla tra un ‘Non ce n’è Coviddi’ e un balletto su TikTok.