L’8 ottobre su Netflix è uscito Mio fratello, mia sorella, film con Claudia Pandolfi, Alessandro Preziosi, Ludovica Martino, Francesco Cavallo, Caterina Murino e Stella Egitto. Diretto da Roberto Capucci, al centro del racconto una famiglia disfunzionale in cui il peso del passato schiaccia il presente e rischia di non garantire un futuro leggero, migliore. E’ una famiglia che sopravvive al dolore, ai ricordi, ai non detti, alle ferite mai rimarginate.
La trama di Mio fratello, mia sorella
Tesla e Nick Costa (Claudia Pandolfi e Alessandro Preziosi) sono due fratelli che si ritrovano dopo 15 anni al funerale del padre, un professore stimato, che ha sempre esercitato il ruolo di padre severo. Non con i nipoti, però. Con i figli di Tesla è stato un nonno presente e amorevole, li ha aiutati a crescere, sopperendo alla mancanza della figura paterna.
Al momento della lettura del testamento i due fratelli scoprono che il padre lascia la casa a entrambi e sono così costretti a vivere tutti insieme sotto lo stesso tetto. Sin da subito le frizioni tra i due rendono difficile la convivenza. Nick è un giramondo che ha detto addio alla famiglia e a Roma quindici anni prima senza dare spiegazioni. Quindici anni di silenzi in cui non si è fatto sentire neanche con la sorella.
Dall’altra parte vi è Tesla, una donna con due figli, Carolina e Sebastiano, separata dal marito e che combatte da sola tutte le sue frustrazioni e le sue paure. Una su tutte, la schizofrenia di Sebastiano. Ed è proprio attorno alla malattia del ragazzo che si snoda tutto il film.
Mio fratello, mia sorella infrange i tabù
Mio fratello, mia sorella ha il pregio di infrangere un tabù e di affrontare il tema della schizofrenia con delicatezza, senza ricercare l’effetto sorpresa, ma anzi tentando di normalizzare un argomento ancora troppo trascurato.
La normalizzazione della malattia è uno degli elementi portanti della pellicola. Da un lato c’è Tesla, schiacciata dalle responsabilità e dalla paura di non saper proteggere il figlio. Si sente una madre inadeguata, esposta al giudizio altrui e spaventata dalle crisi che potrebbero travolgere Sebastiano. Dall’altro c’è Nick, che con il suo approccio noncurante e scevro dai pregiudizi riesce a instaurare un dialogo con il ragazzo, un ponte che fino ad ora nessuno dei familiari è stato in grado di costruire.
A sintetizzare bene i meriti di Nick è Emma (Stella Egitto): ‘Anche io da quando ho saputo della malattia sono cambiata’, dice. ‘Sono iperprotettiva, attenta ad ogni parola che dico, ma tu lo capisci che noi a differenza di Nick gli ricordiamo tutti i giorni che è malato?’. Ed è su questo che vuole focalizzarsi il film: il modo in cui la società tratta i malati di schizofrenia.
Un eccezionale Francesco Cavallo
A dare vita a Sebastiano è un formidabile Francesco Cavallo. Un’interpretazione credibile in ogni fotogramma, toccante e struggente fino alla fine. In generale, Mio fratello, mia sorella è un film eccezionale. Pandolfi e Preziosi interpretano due personaggi complessi, che comunicano con lo sguardo ancor più che con le parole. Sono due anime disperate, ferite, sole, ma ancora tremendamente bisognose l’una dell’altra. E’ il sangue che li lega, lo stesso sangue che li ha allontanati, ma che ora prova a riavvicinarli.
Infine, Mio Fratello, mia sorella è un film necessario. Di schizofrenia e malattie mentali in genere si parla ancora troppo poco e forse il film di Capucci apre uno spiraglio a un nuovo tipo di racconto, attuale, diretto e veritiero.