Sul palco di Italia’s Got Talent 2021 Laura Formenti ha portato un monologo su uomini e donne che le ha regalato la finale. Attrice di lungo corso, è uno dei volti comici di Comedy Central e da quest’anno fa parte del cast di CCN. Inoltre, su Instagram pubblica dei brevi video in cui rilegge l’attualità con ironia e sagacia.
Possiamo definire la sua comicità ironica e graffiante?
«Non sono un’amante delle definizioni, perché portano necessariamente con sé limiti e aspettative. Il termine graffiante, però, mi piace: mi dà l’idea di qualcosa di inatteso, ficcante e preciso. Credo che sia un termine che descrive abbastanza bene il modo di fare comicità che mi piace in questo momento».
Sul palco di Italia’s Got Talent ha portato un interessante monologo sulle differenze tra donne e uomini. Dove ha trovato l’ispirazione?
«Scrivo da anni con un autore uomo, Giuseppe Della Misericordia. Spesso ci confrontiamo in modo scherzoso sulle cose che non capiamo l’uno dell’alta. Abbiamo due corpi diversi, due assetti ormonali differenti, ci sono aspettative opposte che la società ci butta addosso e a volte anche due modi di comunicare apparentemente incompatibili. Il monologo che ho portato a Italia’s Got Talent è stato letto da qualcuno come un pezzo che prende in giro gli uomini, invece parla delle curiosità che possiamo avere l’una dell’altro. E sì, in parte è anche un racconto autobiografico delle mie frustrazioni in cui molte donne si sono riviste. Perché se il mondo ti dà limoni, l’unica cosa che puoi fare è una limonata».
Ha una lunga esperienza nella stand-up comedy. E’ un vivaio necessario per la scoperta e l’affermazione di nuovi talenti?
«Lunga non lo so. In realtà, è da sette anni che faccio monologhi, che per un comico non è poi così tanto. Vengo dal teatro, dal teatro di strada, dalla performance. Ho scoperto nella stand up un modo di esprimere il mio punto di vista attraverso l’ironia e me ne sono innamorata. Credo che in questo momento i nuovi comici italiani che si definiscono stand up possano dare molto al panorama comico italiano».
Per diverso tempo si è parlato di crisi della comicità. Adesso, invece, sembra di assistere a una nuova fase. Cosa ne pensa?
«Credo che i cicli siano normali in qualunque espressione artistica. La comicità, dopo un grande momento di splendore, si era progressivamente messa a servizio della macchina televisiva, logorando e consumando la sua spinta necessaria. Era auspicabile un reset, un silenzio, in cui ciascuno tornasse ad ascoltare la sua voce e la sua indole personale, senza preoccuparsi del marketing e della visibilità. Siamo tornati a lavorare a contatto con le persone, nei piccoli club, nei circolini di provincia, a chiederci cosa piace fare a noi, cosa sentiamo il bisogno di dire davvero. Sarebbe bello si aprisse il tempo per una nuova rinascita».
In questo clima di fermento, le donne trovano sempre più spazio. Qualcosa sta davvero cambiando?
«Io credo di sì. Sta cambiando il nostro ruolo nella società, sta cambiando il modo in cui pensiamo noi stesse e anche lo spazio che ci viene dato dai media. Si tratta di un processo lungo e non avverrà in una manciata di anni, ma stiamo avviando una grande rivoluzione. Prima o poi, arriverà un giorno in cui lo spazio dato alle donne non sarà più una cosa degna di nota a cui dedicare una domanda specifica nelle interviste».
Spesso prende in giro il politicamente corretto. Il politically correct rischia di intaccare la comicità e la libertà che la contraddistingue?
«Dipende da cosa intendiamo per ‘politically correct’. Io prendo spesso in giro l’ipocrisia di persone che non vogliono sentire parlare di certi argomenti che, invece, fanno parte del nostro quotidiano o chi giudica gli altri in pubblico e poi si comporta peggio nel privato. Se per politically correct, invece, intendiamo trattare con rispetto alcune minoranze che non ne hanno mai avuto, sono invece a favore».
«I giusti cambiamenti sociali richiedono a noi comici, in quanto persone che lavorano col linguaggio e contribuiscono alla creazione dell’immaginario collettivo, di prestare una nuova attenzione agli stereotipi che consolidiamo e al bullismo che, a volte, senza accorgercene esercitiamo su chi ha meno diritti. Richiede fatica, ma è un lavoro necessario. Così come è necessario dall’altra parte capire che esistono contesti in cui scherzare dei tabù è un modo per sdoganarli e ridere con le minoranze un modo per includerle. Io credo che la vera libertà sia poter scegliere le proprie regole».
E’ nel cast di CCN all’interno della rubrica Michela in Milan, parodia di Emily in Paris. Chi interpreta?
«Interpreto un personaggio con il mio stesso nome: Laura detta Laurè. Una milanese fashionista, anaffettiva e dedita solo al lavoro. Tutta la serie scritta da Michela Giraud e Daniela Delle Foglie. Si basa su una scherzosa parodia degli stereotipi esistenti sulle persone del nord e quelle del sud. Io sono il perfetto esempio della milanese vuota e senza cuore, insomma un ruolo fortemente autobiografico!».
Su Instagram porta avanti alcune rubriche ironiche sui dibattiti aperti, dall’attivismo al narcisismo, passando per il bullismo e il ruolo delle donne. L’ironia salverà il mondo?
«Non so se salverà il mondo, ma di sicuro sta salvando me e cerco di portare questa scoperta a quante più persone possibile. L’ironia ti costringe a prendere distanza dal mondo e dai suoi tranelli, te lo fa osservare da un’altra prospettiva ed è lo strumento perfetto per parlare di argomenti spinosi perché abbassa le difese di chi ti ascolta con una risata. Nulla è così importante da non poterne ridere insieme e nulla così insignificante da non meritare uno sberleffo».