Com’era il mondo senza app, senza cellulari, senza social? Lo racconta bene Generazione 56K, la nuova serie Netflix disponibile sulla piattaforma da giovedì 1 luglio. Gli 8 episodi si snodano in un continuo intreccio tra passato e presente, tra una società in cui faceva timidamente ingresso la tecnologia e una in cui, invece, la tecnologia regna sovrana. In mezzo, i Millennials, protagonisti diretti di quel mondo che si accingeva a cambiare.
Non abbastanza, però, da non avere il tempo di assaporare la genuinità di quegli anni. I protagonisti di Generazione 56K sono Daniel, Matilda e i rispettivi amici, gli stessi di quando erano bambini e vivevano tutti a Procida. Daniel e Matilda si ritrovano per caso a Napoli, grazie a una app di incontri. Daniel aspetta Magda all’ingresso di un locale e incrocia Matilda, la quale lo riconosce, ma non ha il coraggio di svelare la sua identità.
L’intesa tra i due è palpabile. Daniel è folgorato dalla ragazza sconosciuta con la quale il dialogo scorre facilmente. Gli sembra di conoscerla da sempre, ma non capisce perché. Matilda ritrova l’intesa di quando erano bambini e aveva una cotta, mai rivelata, per il compagno di scuola. Nonostante le premesse, però, la serata finisce presto e Matilda torna alla sua vita di fidanzata e futura sposa. Poiché certi amori non finiscono eccetera eccetera, l’incontro col passato risveglia in lei qualcosa.
Un tuffo nel passato
Abbiamo fatto le scelte giuste? Se potessimo tornare indietro e cambiare il corso degli eventi, saremmo comunque gli stessi? I continui flashback rafforzano il racconto e trasportano lo spettatore in un mondo lontano, forse persino dimenticato. Per i Millennials, però, specialmente quelli nostalgici, è un vero viaggio alla riscoperta di cosa siamo stati e del mondo in cui siamo cresciuti. Il nostro mondo, quello fatto di pomeriggi trascorsi a giocare in cortile, improvvisando campetti di calcio grazie a una sviluppatissima fantasia. O quelli in cui trascorrevamo ore e ore a giocare con le bambole o ad ascoltare la radio, guardare una videocassetta, sfogliare riviste dedicate ad acerbi adolescenti.
E poi i bar, quelli della provincia, polverosi quanto basta, ma gestiti da chi ancora aveva un contatto diretto con la clientela, con il quartiere e con quei ragazzini da tenere d’occhio, da rimproverare, ma anche elogiare. E, ancora, i gelati, i pomeriggi in bicicletta e i primi amori, difficili da capire e da esplicitare.
Soprattutto, l’avvento di internet. I modem 56K lentissimi e rumorosissimi, le attese estenuanti per ottenere l’agognato collegamento, le bollette salatissime. Un nuovo mondo le cui chiavi erano a portata di click. Non sapevi ancora cosa ne avresti fatto, ma intanto ci sei entrato e hai iniziato a esplorarlo, fino a farne parte attivamente, al punto da non avere più dimestichezza con quei rapporti, sani e genuini, che riempivano la tua vita. E che ti bastavano.
La recensione di Generazione 56K
Generazione 56K è una serie leggera e nostalgica al punto giusto, come il ghiacciolo all’amarena – dolce, ma dal retrogusto amaro – ché quando rimanevi col legnetto in mano pensavi: ‘mi sono fatto fregare anche stavolta’, ma lo facevi lo stesso. Ecco, erano gli anni in cui non avevi paura di buttarti, di rischiare, di sbucciarti le ginocchia e, nonostante i graffi, tornavi in sella alla bici per l’ennesima pedalata. Senza pensare alle conseguenze. Eravamo coraggiosi e, piano piano, abbiamo perso quella voglia di scoprire l’ignoto in prima persona e ci siamo trincerati dietro lo schermo di un telefono.
Generazione 56K è un viaggio necessario per ricordarci da dove dovremmo forse ripartire. Il tuffo nel passato che qualsiasi Millennial, almeno una volta, ha sognato di fare.