‘La mia seconda vita? Ne ho vissute cento!’. A dichiararlo è Gabriele Parpiglia, giornalista, autore televisivo e conduttore di Seconda Vita, in onda da mercoledì 9 dicembre in prima serata su Real Time. In effetti, la risposta non si discosta molto dalla realtà. Sulla cresta dell’onda da oltre un decennio in qualità di giornalista di Chi, all’attività giornalistica affianca quella autorale, firmando diversi programmi, tra cui Verissimo e il Maurizio Costanzo Show.
Una carriera difficile da incasellare, non solo per il palmarès televisivo, ma anche per il nuovo corso intrapreso da qualche mese, ovvero la creazione di una casa editrice. Un nuovo corso che, però, potrebbe non arrestarsi al mondo televisivo, come rivela nel corso dell’intervista ad APmagazine. Nella nuova stagione di Seconda Vita, darà voce alle storie di diversi volti noti, tra cui Tommaso Zorzi, Damiano Carrara e Aurora Betti.
Il titolo è profetico. Meritiamo tutti una seconda vita?
Sono convinto di una cosa. C’è un momento in cui si sente il bisogno di darsi una nuova possibilità, un momento in cui facciamo lo switch e crediamo che un’idea possa funzionare. Se posso aiutare queste seconde vite, perché no? Immediatamente. Alla fine, il titolo del programma è sinonimo di speranza.
Che effetto fa andare in onda adesso, dopo un primo lockdown, ma ancora nel bel mezzo di una pandemia?
In un momento di restrizioni come quello attuale, la televisione diventa un elemento aggiuntivo, come lo è il Grande Fratello VIP, che andrà in onda anche a Capodanno. Se, sotto questo punto di vista, la televisione viene percepita come un nuovo elemento di compagnia, sono felice di andare in onda perché il programma non è banale. Come dicevo, lancia un messaggio di speranza.
Come ha scelto le storie di questa stagione?
Non ho guardato ai personaggi con milioni di followers o sempre presenti sulle copertine. Molte storie le ho volute scovare all’interno della rete per capire chi sono i personaggi che lavorano su Real Time, che interpretano un ruolo, e volevo che raccontassero chi sono. A queste ho aggiunto storie di personaggi che vincono, ma che non sono popolari anche se conosciuti. Aurora Betti, ad esempio, aveva fatto Temptation Island, ma mi ha colpito perché una sera ha scritto su Facebook che aveva ritrovato sua madre dopo ventidue anni. Ci siamo scritti e le ho detto che mi sarebbe piaciuto avere l’opportunità di raccontare la sua storia.
La seconda vita che vorrebbe raccontare.
Adesso dico assolutamente quella di Sarah Borruso, la fidanzata di Alberto Genovese. Seguo questa vicenda dall’inizio in modo preciso, anticipando anche i più grandi quotidiani nazionali che se ne occupano. La figura quasi centrale all’interno di questa vicenda la intravedo più in Sarah, che al momento si trova in luogo segreto, che in Genovese. Dentro di lei si nasconde il castello che può sgretolare – e sgretolerà – quel mondo.
Negli ultimi mesi ha iniziato a raccontare anche altro, in particolare la gestione del COVID e le sue conseguenze. Cosa l’ha spinta a farlo?
Fondamentalmente l’utilizzo positivo che si può fare dei social. Faccio un esempio. Io ho un po’ di seguito, se una persona mi chiede aiuto per postare una storia sul suo locale, lo faccio. Ci facciamo mille paranoie per pubblicare foto con i filtri, ma non ci rendiamo conto della facilità con cui ci si può aiutare.
In merito al COVID?
Mi sono reso conto che tutti parlavano di COVID, ma nessuno si informava su cosa stava succedendo in Cina. Così ho chiamato Paolo Cannavaro. L’intervista è stata poi trasmessa in alcune scuole della Campania proprio per far vedere ai bambini cosa stava accadendo in quella parte di mondo. Da lì, sono entrato in un circolo assurdo fatto di battaglie, come quella dei ragazzi di Disney World di Orlando, delle maestre che non avevano voce, dei ragazzi di Amazon che lavoravano senza protezioni adeguate o quella dei ragazzi abbandonati sulle navi.
In questo periodo sta aiutando anche diverse attività commerciali.
Qualche giorno fa, mi hanno chiesto se potevo mostrare dei pandori, gratis ovviamente. L’ho fatto e poco dopo sono partiti gli ordini. Ho ricevuto il messaggio della nonna dei titolari che mi ringraziava. Oppure mi ha scritto una ragazza chiedendo aiuto per la sua attività. Ho pubblicato una storia e poco dopo mi ha detto che sono arrivati i primi ordini. È la gratificazione più grande.
Molto spesso, però, i sostenitori vanno di pari passo con i detrattori. Oneri e onori. Come reagisce?
Non me ne frega niente.
A fine pandemia daremo il via a una seconda vita, cioè avremo un’Italia diversa?
No. Già durante il primo lockdown si pensava che ne saremmo usciti diversi, migliori. In realtà, i peggiori sono peggiorati, quelli che non avevano soldi sono ancora senza soldi. Poi ci sono quelli che avevano un lavoro in nero, e ci sono. Chi lo nega non racconta la verità e chi è del Sud lo sa molto bene. La gente è arrabbiata. Chi tenta di reinventarsi fa aumentare la rabbia e l’invidia sociali. Siamo peggiorati oltremodo, non vedo positività attorno a me.
Sui social parla spesso di opportunità.
Le opportunità ci sono. Purtroppo dentro questo caos mi sono anche scontrato con persone alle quali nel mio piccolo ho dato una possibilità e hanno detto no. Ti scontri anche con chi non ha lavoro e ti dice che non ha voglia di spaccarsi la schiena. Non so quanto possa parlare di opportunità o meno, però posso dire che, nonostante abbia già tante cose da fare, la mattina mi sveglio e mi chiedo sempre: oggi come posso reinventarmi?
Da qualche anno è anche autore televisivo. È cambiato il suo approccio alla notizia?
È cambiato il mio modo di vedere le cose sul piano personale, su quello lavorativo no. Facendo l’autore è aumentata la voglia di lavorare, di creare, di avere idee. Ho un progetto a cui lavoro da tempo e che non posso ancora annunciare, ma se va in porto – come spero – sarà una figata.
Un giudizio sulla TV di oggi.
La tv di oggi arranca a seconda delle opportunità che ci sono. In questo momento se sei in onda e hai un conduttore che becca il COVID, come Carlo Conti, il programma è azzoppato. Devi fare i conti con quello che c’è, che purtroppo è il virus. È una tv che difficilmente ti permette di realizzare prodotti in studio. Anche noi stiamo finendo di girare la serie di Elettra Lamborghini. Ieri quando vedevo la telecamera accendersi era adrenalina, oggi è: ‘Vai a fare il tampone’.
Ha fondato una casa editrice, Caro Diario.
La mia prima e unica passione è scrivere. Era un sogno che non avrei mai pensato di realizzare. Qualche mese fa mi è arrivata una proposta da parte di tre ragazzi che non conoscevo. È successo a marzo, mentre ci chiudevano. Durante il lockdown abbiamo iniziato a dare corpo alle idee e nel 2021 lanceremo gli undici titoli a cui abbiamo lavorato.
Quanto è importante la narrativa oggi?
La lettura è importante. In questi mesi a casa abbiamo imparato a cucinare, le donne hanno imparato a farsi i capelli senza andare dal parrucchiere. Ci sono due cose che non abbiamo mai smesso di fare: leggere e ascoltare musica.
Si ha spesso una sorta di snobismo verso alcune pubblicazioni. Cosa ne pensa?
Ahimè oggi c’è la tendenza a fare i libri in base ai followers ed è una cosa che io rifuggo da sempre. Tutte le volte in cui mi sono imbattuto nel dover discutere se fare un libro su una persona X e non mi hanno ascoltato, ho sempre avuto ragione.
Ad esempio?
Diletta Leotta. Ha 7,2 milioni followers, pubblica un libro che si posiziona in un posto bassissimo della classifica. Esce su qualche copertina e poi ritorna in basso. I commenti non vanno sottovalutati, nel suo caso dicevano: ‘Non vogliamo il libro, ma il calendario’. Al contrario, gli unici due che sotto questo punto di vista hanno stravinto sono Giulia De Lellis e Tommaso Zorzi. De Lellis ha venduto oltre 250.000 copie perché ha raccontato una storia vera, una lunga storia di gossip, però vera, con tutti i dettagli di una storia d’amore. Il libro di Tommaso Zorzi, un romanzo vero e ironico, viaggia sopra le 20.000 copie, che con la crisi attuale è un numero altissimo.
Dopo questa pandemia, l’interesse per la cronaca continuerà a bussare?
Ha già bussato, ma non solo la cronaca, anche la politica.
Gabriele Parpiglia pensa di scendere in campo?
Sto pensando molto alla Calabria, un pensiero che non mi abbandona.
Un giudizio sulla politica italiana.
Conte ha un vantaggio e uno svantaggio. Ha il vantaggio che non c’è un precedente, quindi non c’è un confronto rispetto a chi c’era prima. Poteva essere una strage? Non lo possiamo dire. È stata delimitata? Probabilmente. A suo favore non c’è un metro di paragone e soprattutto si è trovato in mano qualcosa che è esploso in Cina e poi non ha toccato i Paesi vicini alla Cina, ma l’Italia. Credo che, essendo esplosa da così lontano, in un lasso di tempo così breve, abbiano lavorato al meglio per quanto riguarda il primo contenimento del virus.
E dopo?
Per quanto riguarda la vicenda in sé, ci sono delle situazioni che non tornano. Alzano Lombardo, Codogno, Piacenza: quelle date risalgono a gennaio. Ci sono delle indagini in corso e tutto fa pensare che ci fossero già casi COVID e se non sono stati in grado di capirlo, l’errore c’è stato. Poi c’è stata l’estate e non sono stati in grado di organizzarsi, se ne devono vergognare. Hanno speso una marea di soldi per creare una task force di cui non si ha più notizia. Hanno speso soldi per creare l’app Immuni, che ho provato con persone che erano positive e non funzionava, non dava segnali. Il turismo piangeva e allora tutti a favore della riapertura, ma non l’hanno saputa gestire, non l’abbiamo saputa gestire.
Cosa si aspetta?
In attesa della terza ondata vedo solamente un’enorme confusione. Ieri ho pubblicato le immagini del centro di Milano affollato, mentre i locali sono chiusi dopo i lavori per il distanziamento fatti a spese degli esercenti, alcuni dei quali adesso non si possono permettere il delivery per gli alti costi di commissione.
Quando parla della Calabria, prende in considerazione l’ipotesi di ‘tornare a casa’?
Assolutamente sì. Lo potrei fare per Reggio Calabria, la mia città, ma solo e unicamente con un ruolo che possa rivelarsi utile per la città.