Se, fino a poco tempo fa, il finale di stagione di una fiction o di una serie TV era il momento che i telespettatori attendevano con ansia per la risoluzione di dubbi e enigmi, adesso si assiste a un’inversione di rotta. Sempre più spesso, cioè, i finali di stagione non rappresentano più l’epilogo, bensì la fine di un solo atto, proprio come un banale feuilleton.
Il nuovo corso è frutto di una volontà ben precisa, ovvero quella di mantenere alto l’interesse verso il prodotto, non svelando il quid che fa da fil rouge sin dalla prima puntata. E’ una scelta che paga? Forse. Comprensibile? Anche. Accettata all’unanimità? No.
Un esempio concreto di questa nuova tendenza lo si può riscontrare in Mina Settembre. L’ultima puntata della prima stagione della fiction di Rai 1 si è conclusa con un finale aperto, anzi sospeso. Dopo sei puntate in cui Mina è combattuta tra il suo ex marito e il nuovo compagno, non sceglie e, se lo fa, non lo esplicita, dunque lascia l’interpretazione al telespettatore. Al di là della volontà del pubblico e delle relative considerazioni, la storia si interrompe. Di fatto, la fiction è senza finale o comunque mancante di una parte importate dello stesso.
La non risoluzione degli enigmi contribuisce, poi, ad aumentare nel pubblico la voglia di scoprire cosa è accaduto e cosa accadrà. Dunque, quando Mina Settembre 2 sbarcherà su piccolo schermo, è altamente probabile che i sei milioni di telespettatori torneranno, vogliosi di appagare la propria curiosità.
L’estate in cui imparammo a volare e Lupin
Volgendo lo sguardo oltre i confini nazionali, possiamo citare altri due casi recenti: L’estate in cui imparammo a volare – Firefly Lane e Lupin. In entrambi i casi, le rispettive stagioni si concludono con un non finale. Rimangono in sospeso perché solo negli ultimi minuti entra in scena l’ennesimo imprevisto che ribalta il racconto e sovrasta il filo conduttore che ha accompagnato il telespettatore fino a quel momento.
L’estate in cui imparammo a volare sposa un finale aperto, un po’ come Mina Settembre. Il nuovo e inaspettato elemento narrativo entra in scena poco prima dei titoli di coda, ma proprio quando manca un secondo alla scoperta del cavillo che tiene incollati da innumerevoli episodi, ecco che cala il sipario. Per conoscere la verità, dovete aspettare la prossima stagione. Bye, bye.
Idem per Lupin. Il quinto episodio che chiude la prima stagione non è altro che un insieme di colpi di scena e imprevisti che necessitano di uno sviluppo ulteriore. In questo caso, però, Netflix ha usato il buonsenso: i successivi cinque episodi arriveranno in estate.
La fiction come un feuilleton, il rischio usura
Così facendo, però, gli sceneggiatori equiparano una fiction o una serie TV al classico feuilleton, ovvero il romanzo che nel diciannovesimo secolo veniva pubblicato a puntate sulla carta stampata. Un antesignano, certo, dei nostri generi a televisivi a puntate.
Il rischio è che si equipari la fiction e la serie TV a una soap opera, una pratica già in voga in titoli di gradissimo successo come Grey’s Anatomy, che però, alla lunga, rischiano di stancare, attirando critiche copiose. Quale sarà il futuro dei prodotti a puntate? Dovremo aspettarci finali sempre più aperti, funzionali ad avere un seguito? Forse sì. La speranza è che la pratica non venga copiata da registi e sceneggiatori di film perché sarebbe davvero troppo.