Chiamami ancora amore, finalmente una fiction sulla maternità (senza filtri)

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Chiamami ancora amore è giunto a termine. L’ultima puntata della fiction di Rai 1 con Greta Scarano e Simone Liberati è andata in onda lunedì 17 maggio 2021, totalizzando 3.719.000 telespettatori, pari al 16,5% di share. Un buon risultato sul piano degli ascolti, ma anche su quello qualitativo.

La storia ruota attorno al rapporto tra Anna e Enrico, in crisi da tempo, alle prese con un grande amore forse finito, di certo martoriato dalle peripezie della quotidianità e dai mille errori che si rischia di commettere quando le mente è annebbiata dall’incertezza prima e dalla rabbia poi.

In mezzo, il figlio Pietro, un bambino di 11 anni, conteso da entrambe le parti, fino a quando l’amore lascia il posto alla voglia di rivalsa e entrambi i genitori rischiano di perdere la loro partita più importante.

Perdita di fiducia e tradimenti sono solo la goccia che fa traboccare il vaso. Anna e Pietro commettono il grave errore di smettere di parlarsi, fino a smettere di ascoltarsi. Ed è all’interno di quel silenzio che le grida di aiuto di ciascun componente della famiglia rimane inascoltato.

Rinunce e rimpianti

Anna e Enrico si conoscono da giovani, si innamorano, ma si perdono di vista. Qualche tempo dopo si rincontrano ed è lì che decidono di non lasciarsi più. Enrico ha un bar sul lago, Anna è al quinto anno di Medicina. E’ incinta di Pietro, hanno fretta di costruire il nuovo nido. Accetta controvoglia di trasferirsi sul lago, ma all’interno di quella nuova vita vedrà sfumare i propri sogni. Per riuscire a occuparsi del figlio, infatti, cambia facoltà e sceglie Scienze Infermieristiche.

Dopo aver partorito, inizia a sentire il peso della quotidianità. Trascorre le giornate da sola, bada a Pietro, alla casa e accusa i segni della stanchezza, mentre Enrico è sempre fuori casa per provvedere al sostentamento della famiglia. Inizia a soffrire di depressione post partum, ma probabilmente non ne è consapevole e crede, invece, di assomigliare alla madre, depressa cronica suicidatasi qualche anno prima. Una ferita da cui non è ancora guarita.

Mese dopo mese, anno dopo anno, gli equilibri di coppia saltano, fino a quando Enrico focalizza tutte le sue attenzioni su Pietro, calciatore in erba dal grande talento, e Anna su un collega. Quando Anna decide di porre fine al matrimonio, sia lei sia Enrico iniziano una battaglia all’ultimo colpo basso per l’affidamento del figlio.

Ecco entrare in gioco avvocati, tribunali, assistenti sociali. Entrambi vengono divorati da una voglia di rivalsa per rimanere ingarbugliati in un vortice di malintesi che rischierà di risucchiarli inesorabilmente.

Come può finire un grande amore? E’ quello che si chiede Rosa, l’assistente sociale interpretata da Claudia Pandolfi. Sarà proprio lei a studiare genitori e figlio per trovare una spiegazione a questa rabbia cieca e ingiustificata.

I punti di forza di Chiamami ancora amore

Chiamami ancora amore presenta molteplici pregi. Innanzitutto, la sceneggiatura. E’ una storia avvincente, ma normale. Una storia comune, cioè, che riflette il dramma di tante famiglie che, a un certo punto, non funzionano più, nonostante l’amore. Un plauso, poi, va al cast. Greta Scarano, Simone Liberati, il piccolo Federico Ielapi, Claudia Pandolfi, Giorgio Colangeli: attori straordinari capaci di dar vita a personaggi che ti entrano dentro. Personaggi difficili, sfaccettati, meravigliosamente umani, con i loro pregi e i loro lati oscuri.

La maternità senza tabù

Ultimo ma non ultimo, il racconto della maternità scevro da qualsiasi tabù. In sei episodi, Chiamami ancora amore affronta tanti aspetti della maternità, che difficilmente vengono scandagliati all’interno di prodotti di ampio respiro come la fiction. La depressione post partum, la scelta tra famiglia e lavoro, l’amara consapevolezza di dover rinunciare ai propri sogni professionali e di vita, la paura di ritrovarsi da sola in due, il terrore di non farcela, la necessità di mettere da parte sé stesse, fino a perdersi di vista.

Una battuta di Anna sintetizza perfettamente il carico emotivo e non solo che spesso le donne devono sobbarcarsi. ‘Perché solo noi donne dobbiamo rendere conto di ogni centimetro di libertà che ci prendiamo?’, si chiede quando tutto sembra remare contro e i fatti non fanno altro che metterla in cattiva luce. Una domanda che Anna fa a sé stessa e all’assistente sociale Rosa, ma che racchiude anni di dibattiti sui compromessi che irrompono nella vita di tante, tantissime donne.

Chiamami ancora amore è un racconto forte, una fotografia cruda, una fiction che non edulcora, ma anzi sottolinea la quotidianità in tutti i suoi aspetti. Un prodotto coraggioso, contemporaneo, necessario, in cui il regista Gianluca Maria Tavarelli inserisce ogni emozione, senza paletti. Alla messa in onda dei primi due episodi lo avevamo definito un Kramer contro Kramer moderno, e in parte lo è. In più, rispetto al film Premio Oscar con Meryl Streep e Dustin Hoffman, vi è la genitorialità raccontata da entrambi i punti di vista, in modo che il telespettatore non possa prendere posizione a favore di uno o dell’altro. Tutti hanno ragione e tutti hanno torto. Il confine tra giusto e sbagliato si fa sempre più labile, fino a quando l’attenzione si focalizza proprio sulla domanda che si fa Rosa, ovvero: come può finire un grande amore?

 

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