Ogni mattina un internauta si sveglia e si chiede quale sarà la polemica del giorno. Una prassi, quella di alzare polveroni, sempre più diffusa, nella speranza di aizzare l’opinione pubblica contro il personaggio di turno. Il nuovo bersaglio di questa tecnica tanto becera quanto purtroppo quasi consolidata è Cesare Cremonini. Il cantante bolognese è stato destinatario di accuse di razzismo, ma soprattutto sessismo, temi particolarmente cari ai leoni da tastiera puri di cuore, che trascorrono le giornate a cercare la sbavatura per poter iniziare la solita crociata.
La frase incriminata
Cesare Cremonini è finito nel mirino dei benpensanti – e nei Trending Topic di Twitter – in seguito alla sua ospitata a EPCC – E Poi C’è Cattelan. Durante l’intervista, ha dichiarato: ‘La mia donna delle pulizie si chiama Emilia. No, non è vero. È moldava e io ho preteso, in onore della mia terra, di chiamarla Emilia. Io voglio chiamare mia figlia Emilia. Ognuno dovrebbe chiamare le persone come meglio crede, soprattutto le persone che entrano in casa tua e che sono pagate’.
Le accuse contro Cesare Cremonini
Due giorni dopo la messa in onda dell’intervista, in una mattina già densa di polemiche, qualcuno ha deciso che le parole di Cremonini fossero pregne di insulti razzisti, sessisti. Non solo. Il cantautore emiliano è stato accusato di schiavismo. Schiavismo, Signori. Schiavismo. Su Twitter c’è chi lo paragona ai colonialisti: ‘Cambiare il nome ad una persona equivale a ledere la sua dignità. Agli schiavi non veniva chiesto il nome: non era importante’.
Dunque, secondo il popolo dei social, Cesare Cremonini sarebbe razzista, sessista e persino schiavista perché afferma di chiamare la donna che lavora in casa sua con un nome diverso da quello di battesimo. Lo afferma a E Poi C’è Cattelan, un programma ironico, che dell’ironia ha fatto la sua forza. Un format creato sulla falsariga dei late show americani, che trae la sua forza dal non essere politically correct, esattamente come i cugini d’Oltreoceano.
Il veloce scambio di battute tra Cattelan e Cremonini messo alla gogna è volutamente estrapolato da una conversazione più ampia, in cui il conduttore chiedeva lumi circa il suo legame con la città natale, Bologna. Da lì, un flusso di coscienza scherzoso e gioviale, a cui il pubblico del programma è abituato. Avanzare l’ipotesi di razzismo et similia è del tutto azzardato. Decontestualizzare i fatti per innescare la polemica e provocare l’indignazione generale è una mossa scorretta, alla quale siamo, però, abituati.
Il video di Cremonini con la signora Emilia
A gettare acqua sul fuoco ci ha pensato Cesare Cremonini in persona, pubblicando un video su Instagram proprio insieme alla signora Emilia. ‘Che grande cattiveria. Io sono fiera, ti voglio bene. Non vi preoccupate, noi ci amiamo’. La signora Emilia, vittima dello schiavista Cremonini, ha dunque rassicurato coloro i quali erano pronti a liberarla dalle grinfie del padrone.
Il timore è che l’umanità abbia imboccato un vento di cambiamento, ma in negativo. Il terzo millennio avrebbe dovuto essere quello del mondo globale, dell’abbattimento dei confini territoriali e mentali. Sembra, invece, che l’uomo stia compiendo grandi passi indietro.
I rischi della censura incondizionata
Voler trovare il marcio anche laddove non c’è, dare sfogo alle proprie frustrazioni riversando la propria rabbia ora verso un personaggio ora verso un altro, attribuire significati distorti a parole chiare o a battute ironiche equivale a distruggere la libertà di pensiero, prima, e quella di azione, poi.
L’umorismo è il sale della vita, dicono. Evidentemente così non è. Siamo entrati in un’epoca buia, oscurantista, in cui si agogna al perbenismo in nome di quello che libertà non è. All’occhio dell’uomo medio – il parametro su cui si costruisce gran parte della storia giuridica – le parole di Cesare Cremonini erano tutt’altro che offensive.
Al massimo, con uno sforzo d’intelletto, chi ha storto il naso avrebbe potuto classificare la battuta come inopportuna. Di certo, la schiavitù è un’altra cosa e tirare in ballo temi così importanti per il gusto di attirare l’attenzione e ricevere qualche like rischia di banalizzare secoli di lotte, che hanno procurato la morte di migliaia di esseri umani.
Se si decide di consegnare Cremonini alla forca per quella che è una battuta, niente di meno niente di più, allora aspettiamoci la scure della censura sulla comicità, sulla satira, sulle canzoni, sui film (HBO e Via col vento vi dicono qualcosa?). Sarebbe bello assistere a un’altrettanta ondata di indignazione quando la classe politica italiana fa tutt’altro che amministrare correttamente e onestamente il Paese, ma si sa: siamo più propensi a sollevare polveroni per il vincitore del Grande Fratello anziché per un politico corrotto o ignorante.
È d’uopo ricordare, poi, che procedere a una censura incondizionata è un retaggio tutt’altro che democratico. Forse prima di dare sfogo agli istinti primordiali su Twitter, sarebbe opportuno tornare sui libri e studiare un po’ di storia. Come disse Neil Armstrong, ‘Un piccolo passo per un uomo, un gigantesco passo per l’umanità’.
Photo credits: Jule Hering